Pubblicato il 03/05/2018

N. 04904/2018 REG.PROV.COLL.

N. 09009/2017 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9009 del 2017, proposto da Unipol Banca S.p.A, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Bartolomeo Della Morte, Ettore Cappuccio, con domicilio eletto presso lo studio Ettore Cappuccio in Roma, via Boezio n. 4/C;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Magnanelli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove 21;

nei confronti

Roberto Rinaldi e Valentina Vitaletti, rappresentati e difesi dall'avvocato Rosita Aurelio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale Clodio n.18;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Daniele Colasanti, Simona Tozzi, Dorina Aurora Stefan, Nicola Antonio Fraietta, rappresentati e difesi dall'avvocato Giuseppe Cosentino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cattaro n.28;
ad opponendum:
Alessandro D'Auria, Giuseppina Ilenia Rotunno, Manuela Manzo, Leonardo Pasquali, Alessia Quinzi, Saverio Di Lorenzo, Lavinia Capogna, Salvatore Gatto, rappresentati e difesi dall'avvocato Vincenzo Perticaro, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 146;

per l'annullamento

previa adozione di misure cautelari,

della deliberazione n. 33 della Assemblea Capitolina di Roma Capitale resa nella seduta pubblica del 21.6.2017, verbale n. 40, pubblicata sull’Albo Pretorio on line di Roma Capitale dal 23.06.2017 fino al 7.07.2017; nonché di tutti gli atti consequenziali o comunque connessi, in particolare: della proposta a firma del competente Dirigente; della relazione tecnica del Tribunale Ordinario di Roma, Sez. IV, Ufficio Esecuzioni Immobiliari; della nota prot. n. RF/44797 del 19.5.2017 dell’Avvocatura Capitolina.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Roberto Rinaldi e di Valentina Vitaletti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2018 il dott. Roberto Proietti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con rogito notarile del 14.12.2005, il Comune di Roma ha concesso, ai sensi dell’art. 35 della legge n. 865/1971, a Costruzioni Edilizie Europee Srl (di seguito, C.E.E.) il diritto di superficie sul piano di zona B4-Bis “Castelverde”, per la costruzione di una cubatura residenziale.


In data 26.01.2006, C.E.E. ha stipulato con UNIPOL BANCA S.p.A. (odierna ricorrente, di seguito UNIPOL) un contratto di mutuo fondiario per il finanziamento dell’opera, con iscrizione d’ipoteca sul diritto di superficie e sull’area edificabile con entrostante fabbricato, all’epoca in corso di costruzione.

Sulle medesime aree, C.E.E. ha ultimato, in data 12.02.2010, un complesso immobiliare costituito da n. 38 alloggi, con relative pertinenze, e n. 35 box, oltre ai servizi comuni.

Nel corso del 2009, è stata instaurata a carico di C.E.E. una procedura esecutiva presso il Tribunale civile di Roma, in cui UNIPOL è intervenuta in qualità di creditore ipotecario, e nel corso della quale sono state vendute all’asta diverse unità immobiliari del complesso realizzato.

Nelle more della suddetta procedura, con sentenza n. 521/2016 del Tribunale di Roma, la Società C.E.E. è stata dichiarata fallita.

A seguito di ciò, Roma Capitale ha adottato la determinazione n. 33/2017, con la quale ha disposto di: «1) annullare la deliberazione del Consiglio Comunale n. 234 del 19 novembre 1998, avente ad oggetto: Modifica ed integrazione della deliberazione del Consiglio Comunale n. 189 del 4 agosto 1995 concernente il trasferimento del diritto di superficie dal p.z. D2 La Mistica 1 già concesso in favore dell'Imprese DEMO e GECA usufruenti di un finanziamento ex lege n. 118/85 al p.z. B4 Castel Verde; 2) di ritenere acquisite ex art. 934 c.c., al patrimonio capitolino, le porzioni immobiliari facenti parte del complesso immobiliare realizzato dalla "Costruzioni Edilizie Europee S.r.l." sull'area del comparto G/p del piano di Zona B4 Castelverde, di cui all'allegato "A" parte integrante del presente provvedimento; 3) di attribuire la concessione del diritto di superficie delle singole porzioni immobiliari e relative pertinenze a favore degli originari e legittimi acquirenti e prenotatari, previa verifica del possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi per essere titolari di alloggi di edilizia residenziale pubblica; 4) di prevedere che con successivo provvedimento dell'Amministrazione Capitolina si procederà a disciplinare la destinazione delle restanti porzioni immobiliari nel rispetto della finalità pubblica sottesa alla legge 167/62 e ss.mm.ii; 5) di dare atto che il presente provvedimento dovrà essere oggetto di pubblicità immobiliare anche ai sensi dell'art. 2645 del Codice Civile e dei contenuti della sentenza della Corte Costituzionale n. 318 del 4 dicembre 2009, la quale sinteticamente afferma la trascrivibilità di ogni tipo di atto avente effetti reali, considerando non tassativo l'elenco di cui all'art. 2643 del Codice Civile».

Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione, la parte ricorrente le ha impugnate dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe e deducendo, con un unico motivo di ricorso: violazione e falsa applicazione della legge 865/1971, della Convenzione accessiva alla concessione delle aree di cui al contratto per Notar Ungari Trasatti del 14.12.2005 e del disciplinare allegato al contratto di concessione; violazione dei principi generali in materia di annullamento degli atti amministrativi; eccesso di potere per difetto di motivazione, di presupposti di fatto e di diritto, irragionevolezza, perplessità, sviamento.

In primo luogo, UNIPOL contesta la circostanza posta a fondamento della deliberazione impugnata, consistente nel mancato utilizzo, da parte della Società C.E.E., del finanziamento statale di cui alla legge n. 118/1985 per la realizzazione del progetto edilizio.

Ciò, a sua detta, non potrebbe comportare ex se l’annullamento della concessione e la conseguente decadenza della convenzione accessiva, atteso che né quest’ultima, nella sua parte pattizia, né l’art. 35 della legge n. 865/1971 conterebbero disposizioni in tal senso. In assenza di una specifica prescrizione, allora, non potrebbe ritenersi che l’attivazione di un canale di finanziamento pubblico costituisca uno dei presupposti legittimanti la concessione del diritto di superficie di un’area ai fini della realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica.

Sotto altro profilo, lamenta che non sussisterebbero le condizioni per disporre l’annullamento degli atti oggetto dell’impugnata deliberazione, atteso che questi ultimi non risulterebbero inficiati dai tipici vizi invalidanti sub-specie di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.

Da ultimo, rileva che Roma Capitale avrebbe disposto la decadenza dalla convenzione al di fuori delle ipotesi tassative previste dall’articolo 14 del Disciplinare allegato, esercitando un potere che, in quanto discrezionale e rientrante nell’ambito dell’autotutela amministrativa, avrebbe comunque efficacia ex nunc, con conseguente salvezza dell’ipoteca concessa a favore della UNIPOL.

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, sostenendone l’infondatezza.

A sostegno delle proprie ragioni, l’Amministrazione ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato e l’infondatezza delle censure contenute nel ricorso.

Con atto del 27.10.2017, sono intervenuti ad adiuvandum i titolari del diritto di superficie (indicati in epigrafe) su alcune unità immobiliari acquistate all’asta nell’ambito della procedura esecutiva a carico di C.E.E., i quali hanno ribadito le censure contenute nel ricorso introduttivo del giudizio.

Con atti del 15.03.2018 e del 16.03.2018, sono intervenuti ad opponendum Salvatore Gatto e D’Auria Alessandro, evidenziando di essere divenuti - prima della suddetta procedura esecutiva - prenotatari di immobili del medesimo complesso, i quali hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Roma Capitale ha eccepito l’inammissibilità per carenza di interesse dell’intervento ad adiuvandum, rilevando, altresì, la carenza di un titolo legittimante all’impugnazione in capo agli intervenienti (v. memoria del 14.03.2018).

UNIPOL, a sua volta, ha eccepito l’inammissibilità degli interventi ad opponendum per carenza di interesse e per difetto di giurisdizione, evidenziando la natura risarcitoria delle pretese ivi azionate (v. memoria del 22.3.2018).

Con successive memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive posizioni.

Con ordinanza n. 5912/2017, il Collegio ha rinviato la trattazione della causa nel merito all’udienza pubblica del 18.04.2018.

All’udienza del 18 aprile 2018, pertanto, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio ritiene che le censure di parte ricorrente siano infondate e che il ricorso vada respinto per le ragioni di seguito esposte.

1.1. Ai fini della decisione della presente controversia, occorre, anzitutto, avere riguardo al quadro normativo applicabile alla fattispecie.

L’articolo 35 della legge n. 865/1971 (Programmi e coordinamento per l’edilizia residenziale pubblica), in forza del quale è stata disposta l’originaria concessione delle aree interessate dall’intervento edilizio, prevede che, sulle aree comprese nei piani approvati a norma della legge n. 167/1962 ed espropriate dai comuni, questi ultimi concedano «il diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico e popolare e dei relativi servizi urbani e sociali» anche a cooperative edilizie e loro consorzi (v. commi 2, 4 e 11).

Ai sensi dell’articolo 51, poi, «nei comuni che non dispongono dei piani previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, i programmi costruttivi sono localizzati su aree indicate con deliberazione del consiglio comunale nell'ambito delle zone residenziali dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione, sempre che questi risultino approvati o adottati e trasmessi per le approvazioni di legge.».

Quanto alla localizzazione degli interventi edilizi, l’articolo 3 del decreto legge n. 115/1974 (Norme per accelerare i programmi di edilizia residenziale, convertito con modificazioni in legge n. 247/1974) dispone che: «Gli interventi di edilizia residenziale a totale carico dello Stato o della regione o comunque fruenti di contributo statale o regionale possono essere localizzati anche nell'ambito del piano di zona adottato e non ancora approvato con le modalità di cui all'art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Sulle aree così individuate viene concesso il diritto di superficie.».

Infine, l’articolo 3 del d.l. n. 12/1985 (Misure finanziarie in favore delle aree ad alta tensione abitativa), al comma 7 bis, inserito dalla legge di conversione n. 118/1985, stabilisce quanto segue: «Nell'ambito dei limiti di impegno di cui al comma precedente il comitato esecutivo del CER destina un limite di impegno di 30 miliardi di lire per l'avvio di un programma straordinario di edilizia agevolata di cui al primo comma, lettera b), dell'articolo 1 della legge 5 agosto 1978, n. 457, da realizzarsi a cura di imprese, cooperative e relativi consorzi. I soggetti interessati sono tenuti a presentare domanda al CER entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il comitato esecutivo del CER individua i soggetti cui affidare la realizzazione del programma. Tali soggetti, entro 60 giorni dalla promessa di contributo, sono tenuti a documentare la disponibilità di aree idonee immediatamente utilizzabili.»

1.2. Ciò posto, la trattazione della controversia non può prescindere dalla ricostruzione dei fatti di causa, come risulta per tabulas dalla documentazione versata in giudizio.

Con deliberazione della Giunta Municipale n. 3727 del 23.07.1987 (modificata con successiva deliberazione n. 3971/1989) il Comune di Roma ha concesso il diritto di superficie a vari operatori per la realizzazione di programmi straordinari di edilizia agevolata, finanziati ai sensi dell’art. 3, comma 7 bis, della legge n. 118/85.

In particolare, alle imprese DEMO e GECA, entrambe usufruenti di detto finanziamento, è stato assegnato il diritto di superficie sui comparti C e G del piano di zona D2 – La Mistica 1.

Con scrittura privata del 12.02.1992, le Società DEMO s.r.l. e Costruzioni Edilizie Europee s.r.l. si sono riunite in associazione temporanea di imprese, con conferimento a quest’ultima della rappresentanza esclusiva, nei confronti della prima, in ordine sia ai rapporti con gli enti pubblici sia alla realizzazione del progetto edilizio.

Con decreto del 24.06.1992, pertanto, il Ministero dei Lavori Pubblici ha assegnato direttamente a C.E.E. il finanziamento ex lege n. 118/1985, di cui era già portatrice la Società DEMO.

Resesi necessarie talune varianti urbanistiche, il Consiglio Comunale, nel rilocalizzare gli interventi di cui alla deliberazione n. 3727/87, ha concesso a favore delle imprese GECA e DEMO il diritto di superficie sul comparto e/p pz B/4 Castelverde per la realizzazione di una cubatura edilizia, autorizzando, nel contempo, la stipula delle relativa convenzione (cfr. deliberazione n. 189 del 4.08.1995).

Con successiva deliberazione n. 234 del 19.11.1998 (recante “Modifica atto della Giunta Municipale n. 3727/87 e successivo atto modificativo del medesimo organo n. 3971/89 relativi alla localizzazione ex art. 3 legge 247/74 ed alla concessione del diritto di superficie ex art. 35 legge 865/71 a favore delle imprese GECA e DEMO finanziate ai sensi della legge 118/85, sui comparti, rispettivamente, g e c del P.Z. D2 La Mistica I, nel senso di concedere, a favore delle medesime, ai sensi dell’art. 35 legge 865/71 il diritto di superficie sul comparto e/p del P.Z. B/4 Castelverde. Autorizzazione alla stipula della convenzione”), poi, sempre il Consiglio Comunale ha disposto che la concessione del diritto di superficie in oggetto, precedentemente assegnata alla Società DEMO, debba intendersi effettuata direttamente in capo alla Società C.E.E., in quanto impresa capogruppo dell’A.T.I..

Di conseguenza, con atto notarile del 14.12.2005, il Comune di Roma e C.E.E. hanno stipulato la convenzione di cui all’art. 35 della legge n. 865/71 per la concessione del diritto di superficie sulle aree assegnate per la costruzione della cubatura prevista.

Ai fini della realizzazione della progetto, detta Società ha contratto un mutuo fondiario per € 3.530.000 con UNIPOL BANCA S.p.A., a garanzia del quale è stata iscritta ipoteca per € 7.060.000 sul diritto di superficie sull’area oggetto di concessione con entrostante fabbricato da cielo a sottosuolo, all’epoca in corso di esecuzione (cfr. contratto del 26.01.2006).

Nel corso del 2009, è stata avviata una procedura esecutiva a carico della C.E.E., la quale, da ultimo, è stata dichiarata fallita con sentenza n. 521/2016 del Tribunale di Roma.

In forza dell’articolo 14 del Disciplinare allegato alla convenzione (a mente del quale «In caso di fallimento o di sottoposizione ad altra procedura concorsuale del concessionario… l’Amministrazione potrà dichiarare la risoluzione di diritto, ai sensi dell’art. 1456 del codice civile, della concessione del diritto di superficie e sarà tenuta a corrispondere un indennizzo limitato alla minor somma tra lo speso e il migliorato, detratte le somme già pagate da eventuali promittenti acquirenti degli alloggi»), Roma Capitale ha avviato, nei confronti del Fallimento della Società Costruzioni Edilizie Europee, il procedimento per la decadenza della convenzione medesima.

Nell’ambito della relativa istruttoria, l’Amministrazione resistente ha appreso che la concessionaria C.E.E., pur essendo portatrice di finanziamento pubblico ai sensi della legge n. 118/85, ha contratto un mutuo ordinario con la Banca ricorrente, non accreditata né convenzionata con il Ministero delle Infrastrutture.

All’esito degli accertamenti espletati, pertanto, l’Assemblea capitolina ha adottato l’impugnata deliberazione n. 33/2017, disponendo: 1) l’annullamento della deliberazione c.c. n. 234/1998; 2) l’acquisizione al patrimonio capitolino ex art. 934 c.c. delle singole porzioni immobiliari facenti parte del complesso realizzato dalla Società C.E.E.; 3) la concessione – previa verifica dei rispettivi requisiti – del diritto di superficie sulle medesime e delle relative pertinenze a favore degli originari e legittimi acquirenti e prenotatari; 4) la successiva adozione di provvedimenti volti a disciplinare la destinazione delle restanti porzioni immobiliari nel rispetto della finalità pubblica sottesa alla legge n. 167/62 e s.m.i.; 5) la trascrizione del provvedimento ai sensi dell’art. 2645 c.c..

Ha previsto, inoltre, che «la caducazione ex tunc del titolo civilistico di costituzione del diritto reale/convenzione, atto principale trascritto, comporta quale naturale conseguenza: la caducazione ed il travolgimento di tutti gli atti susseguenti, con interruzione della continuità delle trascrizioni/iscrizioni di cui all’art. 2650 c.c.; la conseguente caducazione delle formalità successive, ivi compresa la predetta iscrizione ipotecaria, a favore della UNIPOL S.p.A., con cessazione di validità della medesima ex tunc, avendo l’iscrizione ipotecaria natura costitutiva e non dichiarativa.» (v. p. 4 del provvedimento impugnato).

2. Tanto premesso, UNIPOL S.p.A., per quanto d’interesse, ha instaurato il presente giudizio lamentando sostanzialmente che il mancato utilizzo, da parte di C.E.E., del finanziamento pubblico di cui alla legge n. 118/1985 per la realizzazione dell’intervento edilizio non legittimerebbe l’Amministrazione comunale all’annullamento della concessione ed alla conseguente dichiarazione di decadenza della convenzione.

2.1. Orbene, al fine di vagliare la fondatezza di tale censura, appaiono dirimenti al Collegio le seguenti circostanze:

- originariamente, il diritto di superficie sulle aree de quibus è stato concesso a favore delle Società DEMO e GECA per la realizzazione di programmi edificatori finanziati ai sensi dell’art. 3, comma 7 bis, della legge n. 118/85 (v. deliberazione c.c. n. 189/95);

- a seguito della costituzione dell’A.T.I. tra le Società DEMO e C.E.E., il finanziamento pubblico è stato assegnato direttamente in capo a quest’ultima, divenuta, di conseguenza, anche diretta concessionaria del diritto di superficie sull’area relativa al piano di zona “Castelverde” (v., rispettivamente, decreto B/03204 del 24.06.1992 del Ministero dei Lavori Pubblici e deliberazione del Consiglio Comunale n. 234/98);

- nonostante la predetta assegnazione, C.E.E., per la realizzazione del progetto edilizio, ha stipulato un contratto ordinario di mutuo con un istituto bancario (UNIPOL Banca S.p.A) non accreditato presso il Ministero delle Infrastrutture, né con esso convenzionato (v. contratto del 26.01.2006);

- la Società C.E.E. è stata dichiarata fallita con sentenza n. 521/2016 del Tribunale di Roma; tale circostanza è espressamente prevista dal Disciplinare allegato alla convenzione come causa di risoluzione ex art. 1456 c.c. della concessione del diritto di superficie.

Alla luce di quanto suesposto, deve ritenersi, per un verso, che correttamente l’Amministrazione comunale ha valorizzato la fruizione del finanziamento statale come condizione legittimante l’assegnazione di cui alla delibera n. 234/98 disposta in favore di C.E.E., e, per altro verso, che il potere di decadenza della convenzione è stato legittimamente esercitato ai sensi dell’articolo 14 del citato Disciplinare.

Non sorgendo dubbi in ordine alla legittimità dei presupposti fondanti la deliberazione impugnata, allora, le censure avanzate da parte ricorrente non meritano accoglimento.

In primis, infatti, non può concordarsi con UNIPOL laddove afferma che «a prescindere che nella detta delibera 234/1998 non si fa riferimento alla obbligatorietà da parte della CEE di realizzare il programma costruttivo attraverso l’apporto di un finanziamento statale, va rilevato, il che è decisivo, che nella stessa convenzione accessiva alla concessione detta circostanza viene indicata incidentalmente nella premessa e non certo nella parte pattizia … né si rinviene fra gli elementi essenziali che la convenzione deve contenere indicati all’articolo 35 della legge 865/1971» (p. 6 del ricorso).

Anzitutto, sotto il primo profilo, va rilevato che la necessità che C.E.E. attivasse un canale di finanziamento pubblico ai fini suindicati si desume agevolmente proprio dalla convenzione stipulata inter partes.

Al riguardo, basti rilevare che, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, le menzionate “Premesse” costituiscono parte integrante e sostanziale della convenzione (v. articolo 1), risultando, dunque, vincolanti per la Società concessionaria, in quanto conosciute ed espressamente accettate dalla stessa all’atto della stipula.

Ai fini del decidere, allora, assume rilevanza quanto in esse attestato circa il fatto che «da parte della Società “C.E.E” (allora “DEMO s.r.l.”) è stata presentata istanza al Comune di Roma (prot. Ripartizione XVI n. 4598 del 26 giugno 1987) in quanto portatrice di finanziamento ai sensi della legge 118/85, per la concessione del diritto di superficie su aree come sopra localizzate, per la realizzazione di un programma costruttivo di edilizia economica e popolare… con deliberazione del Consiglio Comunale n. 234 del 19 novembre 1998 … sono state assegnate alla società C.E.E. (in sostituzione della DEMO s.r.l…), in quanto impresa capo-gruppo e come tale assegnataria del finanziamento ministeriale ai sensi della legge 118/85, le aree comprese nel Piano di Zona B4 Castelverde… la società medesima ha altresì in corso di ottenimento i benefici contributivi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti già Lavori Pubblici, di cui alla legge 118/85» (cfr. pp. 2-3 della convenzione).

Sotto altro profilo, neppure rileva che detto requisito non figuri tra gli elementi elencati all’articolo 35 della legge n. 865/71, posto che le prescrizioni ivi indicate attengono al contenuto necessario della convenzione accessiva alla concessione del diritto di superficie, mentre, nella presente fattispecie, viene in rilievo un vizio – per così dire – genetico della concessione stessa, cui ne è conseguito l’annullamento, per motivi sostanziali, della medesima e la consequenziale decadenza della convenzione stipulata.

Infine, che l’ottenimento del finanziamento costituisca un presupposto necessario della concessione del diritto di superficie, si desume anche dal riferimento testuale che la annullata deliberazione n. 234/98 fa al decreto con cui il Ministero dei Lavori Pubblici ha assegnato il finanziamento ex lege n. 118/85 direttamente in capo alla Società C.E.E. in quanto capogruppo dell’A.T.I. neocostituita («Visto il decreto B/03204 del 24 giugno 1992 del Ministero dei LL.PP.»).

Ad avviso del Collegio, allora, appare evidente che la concessione del finanziamento pubblico costituisse ab origine un presupposto legittimante la concessione del diritto di superficie – traducendosi, di conseguenza, in un requisito necessario per la stipula della convenzione –, anche alla luce del fatto che la localizzazione degli interventi de quibus è stata effettuata in base all’articolo 3 della legge n. 247/74, il quale concerne precipuamente gli interventi «a totale carico dello Stato o della Regione o comunque fruenti di contributo statale o regionale».

Dal legittimo annullamento della deliberazione n. 234/98, allora, consegue la legittimità della caducazione ex tunc della convenzione e degli atti ad essa susseguenti («per mancanza del requisito giuridico giustificante la concessione del diritto reale, v. p. 4 dello stesso).

Al riguardo, infatti, va considerato che l’atto di assegnazione o di attribuzione di un diritto reale limitato su di un lotto di edilizia residenziale pubblica e la relativa convenzione attuativa compongono, insieme, la fattispecie complessa della concessione amministrativa, «preordinata al perseguimento dell’interesse pubblico a soddisfare il diritto all’abitazione da parte delle fasce sociali meno abbienti ed istituiscono, tra concedente e concessionario, un rapporto unitario, nel quale il momento convenzionale è servente e strumentale al momento pubblicistico, sicché, il venir meno del primo dei due atti di cui la fattispecie si compone, comporta la caducazione anche dell’altro atto» (cfr. Consiglio di Stato, V, 16.04.2014 n. 1883).

2.2. E’, altresì, infondata la censura inerente la violazione dei principi generali in materia di annullamento degli atti amministrativi paventata da parte ricorrente.

Anzitutto, va ribadito che l’avvio del procedimento di decadenza è stato disposto da Roma Capitale a seguito della dichiarazione di fallimento della Società C.E.E. in forza dell’articolo 14 del Disciplinare, che espressamente prevede la possibilità di risolvere di diritto la convenzione in detta circostanza. A seguito dell’istruttoria svolta, poi, è stata accertata anche la carenza del presupposto legittimante ab origine la concessione medesima.

Pertanto, giacché la decadenza e l’estinzione del diritto di superficie si configurano come effetto automatico da ricollegarsi alle suesposte circostanze, la deliberazione impugnata è da considerarsi atto dovuto e vincolato per l’Amministrazione, non residuando alcun margine di discrezionalità, in capo alla medesima, in ordine all’annullamento di un’assegnazione disposta in carenza di uno dei requisiti previsti dalla normativa di riferimento.

3. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

4. Quanto agli interventi ad adiuvandum spiegati in giudizio, invece, ne va rilevata l’inammissibilità, per profili diversi da quelli eccepiti dall’Amministrazione resistente.

Essi, infatti, assumono di essere lesi dalla deliberazione n. 33/2017 in quanto aggiudicatari e, dunque, proprietari superficiari delle unità immobiliari acquistate all’asta nel corso della procedura esecutiva instaurata a carico di C.E.E., circostanza da cui consegue l’interesse alla impugnazione del provvedimento.

È proprio la peculiare posizione ad essi ricollegata, tuttavia, che denota, in capo agli stessi, la titolarità di situazioni giuridiche autonome rispetto a quella della ricorrente, in ragione della quale sarebbero stati legittimati a proporre direttamente il ricorso giurisdizionale in via principale, entro i rituali termini decadenziali, avverso la citata deliberazione.

Ne deriva, pertanto, l’inammissibilità dell’intervento adesivo spiegato da soggetti che, vantando un interesse personale all’impugnazione del provvedimento ritenuto lesivo dei propri diritti, sarebbero legittimati alla proposizione di un ricorso autonomo, «in contrasto con la regola ermeneutica secondo cui l’intervento ad adiuvandum può essere proposto nel processo amministrativo solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale, e non anche da soggetto portatore di un interesse che lo abilita a proporre ricorso in via principale nel termine decadenziale» (cfr. Consiglio di Stato, IV, 29.11.2017, n. 5596).

5. In disparte i suesposti profili di inammissibilità, gli interventi de quibus sono comunque infondati, stante la legittimità della deliberazione n. 33/2017 e dell’annullamento della delibera di concessione n. 234/98 con conseguente travolgimento di tutti gli atti susseguenti, come poc’anzi esposto.

Sotto questo profilo, poi, va rilevato che il contestato provvedimento non pregiudica le posizioni dei terzi acquirenti, le quali vengono adeguatamente considerate laddove si afferma di «attribuire la concessione del diritto di superficie delle singole porzioni immobiliari e relative pertinenze a favore degli originari e legittimi acquirenti e prenotatari, previa verifica del possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi per essere titolari di alloggi di edilizia residenziale pubblica».

Né può ritenersi illegittimo il riferimento alla verifica postuma in ordine al possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla normativa ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, atteso che detto accertamento appare doveroso alla luce della ratio sottesa alla legge n. 865/71.

6. Sussistono gravi ed eccezionali motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- respinge il ricorso;

- dichiara inammissibili gli interventi ad adiuvandum;

- dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio nei confronti delle parti in causa;

- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Roberto Proietti, Consigliere, Estensore

Floriana Venera Di Mauro, Primo Referendario

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
Roberto ProiettiAntonino Savo Amodio
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO